
Associazione Comitato San Martino
Il pellegrinaggio nella Gallia nel Medioevo
Martino è il santo soldato che dal servizio all'imperatore passa al servizio di Cristo. È il santo dei poveri e dei viandanti, che divide a metà alle porte di Amiens la sua clamide di guardia imperiale e ne da una parte ad un mendicante tremante di freddo, fra lo scherno dei suoi commilitoni.
Così narra il suo biografo e amico Sulpicio Severo in una delle prime vite di santi che conosciamo.
È il santo che catturato sulla Alpi da una banda di rapitori durante un viaggio verso Milano dalla nativa Pannonia, riesce a convertire i suoi carcerieri. È il Vescovo di Tours accusato dal suo stesso successore Brixio di strategia perché sa scacciare i demoni e che, invece di starsene in città, batte palmo palmo le campagne, demolendo tempi pagani costruendo al loro posto chiese cristiane e convertendo intere comunità di contadini.
E, come dice la sua moderna biografia francese, Règine Pernoud, un santo di campagna, patrono dei prati, dei boschi e dei fiumi, oltre che dei fanti, osti e albergatori.
Nessuna meraviglia dunque che Martino sia stato uno dei santi più amati e venerati del Medioevo ancora prima della sua morte nel 397. La "Vita Martini" di Sulpicio Severo nel 396 fu un best seller venduto dappertutto, a Roma, a Cartagine, ad Antiochia, ad Alessandra d'Egitto. La sua tomba nella basilica di Tours fu chiamata cappella e cappelle furono chiamati da allora, per estensione, tutti gli altari votivi delle chiese cristiane.
Sulla sua tomba si reco due volte Clodoveo nella campagna contro i Goti, vi fece tappa Urbano II prima di chiamare il mondo cristiano alla crociata, vi si recò Giovanna d'Arco che a Tours nel 1429 si fece fabbricare l'armatura con cui espugnò Orlèans. Il pellegrinaggio a Saint Martin di Tours, "il pellegrinaggio della Gallia" come fu chiamato, divenne nel Medioevo il più importante della cristianità dopo quello di Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela. La basilica del santo, fino all'epoca di Carlo Magno, fu la più grande del mondo cristiano e per molto tempo l'11 novembre, festa di San Martino, ha segnato l'inizio dell'anno liturgico come primo giorno di Avvento, periodo di penitenza e di preparazione al Natale.
Homo illetteratus!: questa espressione che Sulpicio Severo usa nei suoi riguardi significa che il santo non aveva continuato gli studi di quegli autori classici che un romano di un certo rango sociale usava leggere, ma lo stesso Sulpicio dichiara che non aveva mai inteso dalla bocca di un uomo tanta scienza, né un modo di esprimersi così intelligente e corretto.
Fra i tanti vescovi colti e brillanti, Martino non si interessa di letteratura: non è restore, né scriba, né teologo, né capo di una confraternita, né scienziato, né abate di corte, né vicariodi salotto, neppure diplomato. Per lui tenere in mano una penna significa corre di parrocchia in parrocchia; praticare la teologia significa predicare.
Filantro, illetterato, presente in ogni luogo, Martino ha avvolto nella sua cappa dorata il monaco vestito solo del saio, il vescovo che cammina a piedi nudi, il Martino delle missioni.

